PROFILO STORICO-GEOGRAFICO DELLA DIOCESI

La diocesi di Vallo della Lucania si trova a sud della provincia di Salerno. Il suo territorio lambisce il Tirreno da Paestum a Palinuro e, dalla parte opposta, il Vallo di Diano.

Occupa, quasi per intero, la penisola cilentana con una superficie di kmq 1546.

La costa corre dal fiume Sele, a nord, fino al fiume Mingardo, a sud. E la fascia montuosa e collinare, che va a confinare, verso l’interno, con i monti Alburni, fa parte dell’Appennino meridionale; le cime maggiori sono il monte Cervati (m.1899), il Gelbison o Monte Sacro (m.1705), e il monte Stella (m.1130). Tutti e tre resi famosi dalla presenza di altrettanti santuari dedicati alla Madre di Dio. Il più rinomato è il santuario del Sacro Monte di origine basiliana.

Il suo territorio annovera cinquantaquattro comuni. La popolazione complessiva è di circa 160.000 abitanti.

Confina con le diocesi di Salerno e Teggiano-Policastro e conta centotrentasei parrocchie.

Si tratta di una terra sostanzialmente povera che, però, può vantare ricchezze di altro tipo: bellezze naturali e un invidiabile patrimonio artistico e culturale, retaggio di secoli di storia.

La diocesi è relativamente giovane. E’ nata, infatti, nel 1851 con lo smembramento della diocesi di Capaccio.

La diocesi madre era sorta dopo la distruzione di Paestum, antica sede vescovile, avvenuta ad opera dei Longobardi prima e dei Saraceni poi. Era vastissima. Si estendeva dal Sele al Lao, dal Tirreno al Tanagro. A forma sferica, come la definisce un suo vescovo nella relazione della Visita ad Limina del 1729, aveva un circuito di circa 150 miglia, con 180 villaggi ed una popolazione con punte massime di oltre 200 mila anime.

Dopo il Concilio di Trento (1545 ‑ 1563), al quale parteci­parono anche quattro vescovi di Capaccio, la residenza vescovile fu trasferita a Diano. Incominciò così un penoso peregrinare dei vescovi per l’intera diocesi alla ricerca di una sede definitiva.

Da Diano a Sala, da Sala a Pisciotta, da Capaccio Nuova a Novi. Furono costituite due Curie: una a Sala e l’altra a Novi.

Questo comportò un calo della pratica religiosa tanto che nella seconda metà del Cinquecento Pio V ordinò un’indagine sulla situazione religiosa della diocesi dalla quale emerse un quadro preoccupante.

A metà dell’800 la situazione religiosa si era resa insostenibile e Pio IX decise di dividere il territorio.

Furono costituite, a nord, la diocesi di Teggiano, che comprese le zone del Vallo di Diano e della valle del Fasanella e sul rimanente territorio la diocesi di Capaccio‑Vallo con sede a Vallo. Veniva, così, resa esecutiva la Bolla di divisione emanata da Pio IX, l’anno precedente, con un’altra Bolla.

Subito dopo la costituzione della nuova diocesi che aveva assunto il titolo “Caputaquensis et Vallensis in Lucania” si verificarono momenti difficili a causa dell’esilio, che durò circa dieci anni a Portici, del vescovo Mons. Giovan Francesco Siciliani e delle Leggi del 1866 e 1867 sull’incameramento dei Beni ecclesiastici.

All’indomani del I Conflitto Mondiale, poi, la situazione venne a trovarsi in condizioni ancora più difficili: molte parrocchie senza pastore e nuovi agglomerati senza chiesa. Mons. FRANCESCO CAMMAROTA, arrivato in diocesi nel 1917, volle subito intraprendere la Visita Pastorale per rendersi conto da vicino delle condizioni del popolo. Per sua volontà furono restaurate circa novanta chiese, ne furono costruite di nuove e furono mandati parroci, arrivati da altre diocesi, nelle parrocchie vuote.

Resosi immediatamente conto della necessità di “ricostruire” la Diocesi , capì che si doveva

adeguare l’organizzazione diocesana ai sensi del nuovo Codex Juris Canonici, e farlo attraverso una legislazione particolare che traducesse i nuovi principi. Indisse così nel 1921 un Sinodo Diocesano, il primo dopo oltre trecento anni, che volle arricchito dal contributo di tutto il clero.

Durante il suo episcopato (1917 ‑ 1935) oggetto principale del suo interesse pastorale fu il seminario diocesano, che costruì accanto all’episcopio. Benedisse la prima pietra, il 19 marzo del 1928 e il 22 novembre del 1930 il nuovo Seminario accolse i primi studenti. Anche se poi i lavori per la sistemazione definitiva dovevano durare per molti anni ancora perché finanziati esclusivamente da collette tra i fedeli. Volle rendersi mendicante anche all’estero.

Il suo ultimo atto ufficiale, un giorno prima della morte, fu la firma del contratto per il completamento dei lavori.

Il 24 ottobre 1936 entrò in Diocesi il nuovo vescovo, Mons. RAFFAELE DE GIULI, il quale iniziò subito la Visita Pastorale nella Diocesi. Nel novembre del 1937 rese note le sue prime impressioni mettendo in risalto, come i suoi predecessori, l’ignoranza e l’indifferenza nel campo dell’istruzione religiosa. Al Catechismo dedicò la Lettera Pastorale nel 1939. Nel 1940 si doveva celebrare il II Congresso Eucaristico (il primo si era celebrato ad Agropoli nel 1936 proprio sul tema “Catechismo”), ma fu sospeso e rinviato al termine della guerra.

Visitò tutte le centoquattro parrocchie, e, qualche volta, in maniera avventurosa; predicò personalmente, o coadiuvato da uno o più sacerdoti, oltre trenta missioni al popolo; si prodigò per l’assistenza materiale e spirituale a profughi e soldati dispersi.

La presentazione della diocesi al nuovo vescovo, Mons. DOMENICO SAVARESE, fu fatta dallo stesso De Giuli, il quale in una lettera al clero ed ai fedeli diede anche le disposizioni necessarie per l’accoglienza al nuovo Pastore.

Le prime cure di Mons. Savarese furono per il Seminario. E allo scopo di sostenere, aiutare e promuovere le vocazioni fondò l’Opera Vocazioni Ecclesiastiche; una nuova istituzione che andò ad aggiungersi alle altre, volute dai suoi predecessori per lo stesso scopo.

Nell’agosto del 1949 iniziarono i lavori per la realizzazione della cappella del Seminario prevista da Mons. Cammarota, ma non realizzata per la sua morte improvvisa.

Anche l’A.C. e le ACLI furono al centro del suo interesse, tanto da far dono a queste Associazioni di una automobile.

Una notevole attività fu svolta dal Vescovo anche in campo delle attività sociali. Il Palazzo Vescovile divenne, in quegli anni, la sede di tanti incontri con gli amministratori locali.

Nel 1951 fu celebrato il primo centenario della Diocesi di Capaccio – Vallo e il III Congresso Eucaristico Diocesano.

Ma nel gennaio del 1955 l’opera di Mons. Savarese s’interruppe bruscamente. Lasciò, improvvisamente, Vallo per una clinica romana. Da Roma passò a Napoli, ma le sue condizioni di salute si aggravarono sempre di più, e il 3 ottobre rese la sua anima a Dio.

Successe a Mons. Savarese Mons. BIAGIO D’AGOSTINO, il quale governò la diocesi per diciotto anni fino al 1974, quando per raggiunti limiti di età, si ritirò nella sua natia Termoli.

Nel corso del suo episcopato visitò ripetutamente le parrocchie della diocesi; portò a termine tre visite pastorali e al momento delle sue dimissioni ne aveva iniziata una quarta. Le sue visite, egli scriveva, a conclusione della prima Visita pastorale: “erano dettate da un triplice motivo: religioso, morale e sociale.”

Ci fu in lui, inoltre, durante le Visite Pastorali, un interesse particolare per le opere d’arte, spesso, trascurate.

A questi suoi interessi si deve l’idea dell’attuale Museo Diocesano e la sistemazione dell’Archivio Storico Diocesano.

Al Concilio Vaticano II, intervenne per ben otto volte nelle assemblee generali. Per un suo intervento sull’Apostolato dei laici ricevette una lettera di congratulazioni dal presidente dell’A.C. venezuelana.

Come i suoi predecessori non trascurò mai l’aspetto sociale del suo ministero; ne sono una testimonianza il Centro Incontro e Dialogo di Vallo, nato come Casa dello studente, e l’Istituto Villa S. Cuore, destinato alla gioventù bisognosa.

Lasciò la diocesi di Vallo nel novembre del 1974 ritirandosi in famiglia. Nel decennio che seguì si dedicò con passione alla ricerca storica, pubblicando vari volumi.

Morì a Termoli nel 1984.

L’8 dicembre 1974 subentrò alla guida della Diocesi Mons. GIUSEPPE CASALE. Arrivò da Roma, dove aveva ricoperto vari incarichi di responsabilità nell’A.C. nazionale e nelle Associazioni Centrali delle ACLI e degli Artigiani.

Le sue prime attenzioni furono per i giovani leviti. Ristrutturò subito l’ultimo piano del Seminario accogliendovi i ragazzi delle medie inferiori. Con la chiusura del Seminario Regionale di Salerno volle a Vallo anche gli studenti liceali.

Nel 1984 organizzò per tutta la Diocesi la “Peregrinatio Mariae” con indubbi risultati spirituali. E nello stesso anno diede inizio alla prima Visita Pastorale che non riuscì a portare a termine.

La fase del post‑terremoto del 1980 lo vide protagonista nell’accoglienza ai terremotati. E il momento in cui lo Stato erogò finanziamenti per la ricostruzione delle tante chiese, che avevano subito danni, costituì nella Curia l’Ufficio Tecnico per la gestione dei vari finanziamenti in collaborazione con il Provveditorato alle OO.PP. e con la Soprintendenza.

Curò la sistemazione dignitosa delle Opere d’arte raccolte da Mons. D’Agostino, che si trovavano al terzo piano del palazzo vescovile, trasformando il secondo piano del Seminario in Museo Diocesano con annesso Auditorium.

Lasciò la Diocesi nel 1989 per l’Archidiocesi di Foggia. Gli successe Mons. GIUSEPPE ROCCO FAVALE. La Diocesi lo accolse il 27 maggio del 1989 nella piazza di Vallo, dove una folla immensa si stipava in ogni suo angolo. Nel suo discorso programmatico dichiarò subito il suo impegno per la crescita di una “nuova realtà Chiesa”.

All’indomani del suo arrivo in diocesi fu già sul Santuario del Sacro Monte, quasi a benedire da quel Monte la sua diocesi e al tempo stesso per chiedere alla Castellana del Cilento la benedizione per la sua opera pastorale.

Tra i suoi primi atti la fondazione di un secondo Liceo Linguistico, legalmente riconosciuto dallo Stato, ad Agropoli, e il passaggio dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, sorto per iniziativa di Mons. Casale, da Agropoli a Vallo.

Ripartirono le opere già avviate dal predecessore, che fece sue, ed alle quali diede nuova vitalità. Il primo impatto fu col Museo Diocesano che riuscì a sganciare dalla Soprintendenza e a gestirlo con forze diocesane. Nello stesso Museo avviò subito lavori di completamento ed ottenne dalla Soprintendenza un laboratorio di restauro all’interno del Museo. Immaginò il Museo Diocesano come una grande vetrina dove tutti possano fruire delle tante opere d’arte che la Diocesi possiede. Gli piace parlare di Museo in progress. Ha sistemato, pure, l’Archivio storico e la Biblioteca diocesana in ambienti rinnovati. Ha avuto la gioia, in questi anni, di consegnare quindici chiese restaurate ad altrettante Comunità.

Un’attenzione particolare mostrò fin dal primo momento, per il Seminario. Ha rinnovato l’ultimo piano dell’edificio ed ha riaperto le porte ad un gruppo di ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori.

Dopo circa sessanta anni dalla fondazione del Seminario la facciata ha acquistato l’antico splendore.

Ha sistemato il giardino antistante, ha ristrutturato la cappella, ed ha voluto sulla parte alta della facciata la statua di S. Giuseppe realizzando, a distanza di tanti anni, il sogno di Mons. Cammarota. E sul frontespizio del piedistallo tre grandi pannelli in ceramica, opera del pittore-ceramista Mario Modica, che raccontano la funzione stessa del seminario come luogo di accoglienza da parte del Vescovo. Significativo il richiamo all’antica sede di Paestum con i templi ed alla sede attuale con uno scorcio della città di Vallo.
La sua attività organizzativa procede di pari passo con l’attività pastorale. In pochissimi anni ha rivisitato, più volte, le parrocchie della Diocesi. Nel 1991 eresse con decreto in Santuario Diocesano l’antica cattedrale di Capaccio.

Nel 1993, dopo un lungo cammino di riflessione e di conoscenza delle singole comunità parrocchiali e delle loro reali situazioni pastorali, pubblicò il Direttorio Liturgico – Pastorale, “Per costruirci Chiesa in Cristo Sacramento del Padre”. In esso, con chiarezza e puntualità, non solo vengono messe in evidenza le indicazioni teologico – liturgiche per la celebrazione dei sacramenti, ma sono indicate le linee programmatiche del piano pastorale della diocesi sviluppate nei convegni annuali.

Negli anni 1994/95, si adoperò per una grande “Peregrinatio Mariae” per tutta la diocesi alla quale cercò, sempre, di partecipare inculcando nel suo popolo il senso mariano della vita cristiana.

Al termine della manifestazione mariana, presieduta dal card. Carlo Furno, l’annuncio della Visita Pastorale, che è ancora in atto. Una Visita Pastorale con canoni nuovi che vede il Vescovo impegnato per tre ­giorni alla settimana in ogni parrocchia della Diocesi. Nei suoi incontri privilegia il contatto con la gente, e durante le assemblee parrocchiali coglie, sempre, il desiderio ­della crescita spirituale non disgiunta dalla voglia di uscire da una impasse sociale ed economica.

Per stimolare la collaborazione tra le varie componenti sociali, presenti sul territorio, aderisce nel 1996 al Gruppo Azione Locale (GAL).

Nello stesso anno presso il CNEL, alla presenza del prof. Giuseppe De Rita, sottoscrive insieme a quarantotto sindaci del Cilento, al Presidente della Provincia, ai presidenti delle Comunità Montane e ai rappresentanti di diverse categorie il Patto Territoriale del Cilento.

Incontrandosi con i rappresentanti delle Amministrazioni Comunali non si stanca di suggerire la collaborazione tra i Comuni per la soluzione dei tanti problemi che assillano il Cilento.

testo a cura di Mons. Carmine Troccoli